Giulia Baita has a degree in Art History, she is a teacher and artist. From 2015 to 2019 she has participated in numerous international exhibitions such as “Light Impression” (twice in Miami), “MIRA Mobile Prize” (in Porto), “mDAC 2017” (Palo Alto).
Some of her art videos made with iPhone have been selected by festivals such as MoMo Festival, International Mobile Film Festival, Woman’s Mobile Film Festival, Los Angeles Film Festival.
In 2016 she collaborated with the jazz composer Marco Testoni in the creation of three music videos for the projects “Impossible Humans” and “Ah!”.
In 2017 she founded MAG Mobile Art Group, a group of artists that aims to promote Mobile Art as a new form of contemporary art.
For two years (from 2017 to 2018) she collaborated with the magazine “ONLY Mobile Art”, published in NYC and directed by the Brazilian photographer Marcelo Barbusci.
She has been a judge of the most important Mobile Art Awards and Competitions in the world: three times for MIRA Mobile Prize (Porto), then a judge for MDAC 2021 (Palo Alto, California), finally for Mobgraphia (Sao Paulo, Brazil).
In March 2018 she conceived and curated her first exhibition as curator in Cagliari (Italy) showcasing mobile artists from all over the world. Three more followed in Sardinia and Milan.
In the meantime she has taken care of her personal artistic activity with a personal and other group exhibitions.
In 2021 Giulia participated in the “Talk with me” exhibition in Genoa, Palazzo Ducale, and then in Florence for the “Florence Biennale of Contemporary Art”. Twice (2021-2022) she has exhibited in Milan and Fuerteventura on touch screens at the MADS Art Gallery.
In September 2022 she participated in the “Roots” exhibition in NYC at the Arte Azulejo Gallery and then in Milan at the MAEC Gallery with the “I have a dream” exhibition.
The art critic Elena Gollini writes about her: “Giulia’s artistic work is undoubtedly exhaustive, complete, clean. Her works possess the gift value of being particularly attractive and possessing great intrinsic energy. They invite the viewer to abandon themselves to poetry and beauty”.
- Read the interview on “Mobiography” by Andy Buttler
- Read the article on SKY ARTE about the exhibition “The Beauty Myth” curated by Giulia Baita
- Read the article on “Mente locale” (Milano)
- Read the article on “Cosasifa”
- Read the article on “Twisting Pixels”
RECENSIONE CRITICA – a cura della Dott.ssa Elena Gollini
L’arte fotografica di Giulia Baita si propone di offrire allo spettatore un eterno presente, aprendo e dislocando lo sguardo, uscendo dal muro dell’arte inteso in senso rigoroso e austero, liberandoci da quei gerghi culturali troppo obsoleti e vincolanti, da quegli ornamenti critici troppo stereotipati. Le foto per Giulia sono immagini per ricordare qualcosa e per ricordarsi di qualcosa, appunti autobiografici del vissuto e del vivere quotidiano. A tal scopo Giulia concepisce l’uso della fotografia vicino all’uso comune, senza inibizioni e senza condizionamenti. La fotografia artistica di Giulia segna i confini simbolici tra lo spazio reale dell’uomo e quello della fantasia e dell’invenzione immaginifica, tra i rumori della quotidianità e gli echi, i suoni e i silenzi che dilatano l’orizzonte in una vastità che sembra essere senza barriere. Giulia vuole imprimere un segno forte e palese all’evoluzione della fotografia d’autore considerata in chiave moderna, attuale e attualizzata, al passo con i tempi, con le preferenze sociali e con il progresso incalzante delle moderne tecnologie applicative, per decretare all’unisono l’esaltazione e la valorizzazione dell’immagine fotografica, che non è assolutamente inferiore e secondaria da quella prodotta da altre forme di espressione creativa e dalle altre arti visive. La produzione realizzata accuratamente da Giulia vuole conferire il giusto rilievo e dare la migliore e più efficace visibilità a ciascuna immagine riprodotta, pensandola come un’opera omnia con una propria vita e una propria finalità comunicativa ragguardevole, per ottenere sempre un effetto di resa compositiva ottimale e fornire all’osservatore più spinte trainanti di stimolo ottico e di impulso riflessivo. Al di là e oltre la capacità radicata e consolidata di riuscire a sorprendere e a incuriosire con un sapiente gioco sistematico strutturale, Giulia lascia il fruitore in una propria direzione recettiva, lo lascia volutamente naufragare e cullarsi dolcemente dentro la narrazione scenica, immerso dentro un’atmosfera magica, uno spazio speciale ovattato, una nicchia ideale reale-irreale che si anima e si accende di una luminosità radiosa e di un’energizzante brillantezza scaturita dai colori e dagli effetti cromatici strabordanti di carica vitale. La contestualizzazione impeccabile di contorno funge da cornice di plus valore e apporta ulteriore magia e fascino accattivante alle immagini immortalate, le esalta e le enfatizza e ne libera totalmente le risorse e le potenzialità espressive, narrative, evocative, rievocative, sprigionando il fascino segreto magnetico che è segno di personalità particolari, di motivi diversi di sentire e di guardare, perché la fotografia è e resta sempre sinonimo di occhio che osserva, che vede, che scruta con vigile attenzione. Come scriveva nel 1941 Guido Piovene con autorevole riflessione perspicace “la fotografia ha introdotto una forte rivoluzione nell’uomo, quella di insegnargli il valore dell’attimo. Gli ha insegnato il gusto profondo, l’intimo senso che si trova in ogni attimo della nostra vita. Un senso che sfugge vivendo, quando non si pensa a guardare la vita, ma solo a sfruttarla. Solo la fotografia ha saputo dividere la vita umana in una serie di attimi che senza di essa erano destinati all’oblio. Milioni di gocce di vita che andavano travolte dalla corrente del tempo sono state eternamente fermate”. Si sono così raccolti molti di questi attimi sottratti alla storicità, alla temporalità, allo scorrere del giorno e li si è manipolati, mescolati e sottratti al flusso del divenire, ma anche li si è resi sospesi al punto da perdere la loro materialità, da essere depurati del tempo stesso. La fotografia fin dall’inizio della sua storia è stata un modo per fermare il tempo, per porre nell’esistenza quotidiana frammenti del passato rilucenti e rigenerati nella loro intangibilità e divenuti preziosi. Anche la sua riproducibilità ha permesso di accentuare questo carattere. La pluralità di copie di una stessa immagine diventa dapprima una scrittura visiva, permette di diffondere e moltiplicare l’evento presente, in modo tale da rendere partecipe anche chi è lontano, gli estranei, coloro che ne sarebbero esclusi per molteplici motivazioni e contingenze. E mentre lo diffonde ne conserva nel tempo indelebile il ricordo, lo traghetta attraverso un divenire frenetico e incessante che tenderebbe ad annullare e a cancellare il passato. Il contatto con il passato diventa così immediato, senza filtri, senza contaminazioni. Chi guarda una fotografia in un certo senso vede e rivede il passato e lo recupera nel presente, proiettandolo già nel futuro e nel futuribile. Roland Barthes in un suo pregevole saggio scriveva: “Un giorno molto tempo fa mi capitò sotto mano una fotografia dell’ultimo fratello di Napoleone, Girolamo. In quel momento con uno stupore che da allora non ho mai potuto ridurre mi dissi, sto vedendo gli occhi che hanno visto l’imperatore”. Ma non è solo la storia degli eventi importanti, dei protagonisti, che torna ad essere rivista, ma come scriveva Piovene “il piccolo, il normale, quello che dura un soffio, l’aspetto secondario, l’espressione consueta, tutto ciò che fa parte del regno dell’intimità e costituisce la vera storia della vita umana”. Attraverso l’arte fotografica dunque la quotidianità viene storicizzata in una visione, che va al di là di quanto avviene nella pittura, non sceglie, non esclude, mette sullo stesso piano il volto, il gesto, la postura, un oggetto e un dettaglio specifico a cui dare importanza nell’impaginazione. Il tutto confluito in alchimia e bilanciata commistione nella stessa immagine. Giulia in linea con queste lungimiranti considerazioni accoglie la sua vocazione creativa e la proietta nella fotografia d’autore, con il desiderio primario di dare vita a immagini magiche, sospese, al di fuori del tempo, intatte e integre nella loro spontanea naturalezza sognante e trasognante, attingendo da quanto la circonda e rivisitandolo in chiave estremamente originale e soggettiva, dando un proprio imprinting inconfondibile ed esclusivo, distintivo, caratterizzante e qualificante. Il percorso di ricerca di Giulia coincide anche con una ricerca antropologico-esistenziale. Le immagini elaborate riaffiorano e ritornano offrendo sempre nuovi spunti e nuovi stimoli percettivi come se fossero sempre presenti, ma al contempo sempre nuove, decretando nel loro riapparire inedito un’eterna contemporaneità. Diventa dunque la creazione di un tempo senza tempo, dove tutto diventa parte di una forma senza tempo, che è il mondo compresente a noi, come lo sentiamo nei movimenti abituali della vita, a cui viene aggiunta una visione atmosferica rarefatta, un’aria quasi fiabesca, incantata, che infonde una pregnanza contenutistica simbolica alla rappresentazione formale e sottende messaggi e significati insiti da scoprire e fondere insieme in un intreccio armonico. All’interno di ogni opera Giulia crea e alimenta un microcosmo unico, che si trasforma in un virtuale cannocchiale di infinite e molteplici prospettive di straordinaria, versatile e variegata qualità fantasiosa. “Credo che la fotografia mi abbia insegnato in questi anni a non ritenere nulla insignificante, a scoprire nel mondo esterno un punto nello spazio, un leggero mutamento della luce come possibilità di una nuova percezione” (Luigi Ghirri). “Foto-grafia significa scrivere con la luce. La fotografia, il cinema, conferiscono una specie di immortalità” (Herbert Marshall McLuhan). “Delle volte arriva in certi luoghi proprio quando Dio li ha resi pronti affinché qualcuno scatti una foto” (Ansel Adams). “Una fotografia non è né catturata né presa con la forza. Essa si offre. È la foto che ti cattura” (Henri Cartier-Bresson). “Nelle foto c’è una realtà così sottile che diventa più reale della realtà” (Alfred Stieglitz). “È necessario affrettarsi se si vuole vedere qualcosa, tutto scompare” (Paul Cézanne). “Un’immagine vale più di mille parole” (Confucio).
Giulia crede fermamente nel valore poetico ed espressivo della fotografia. Per Giulia l’immagine possiede una vita interiore, che è l’incidenza delle luci, il ritmo della linea, la cadenza dei piani che vuole scoprire innalzandola ad un significato umano di intensa suggestione. L’arte fotografica diventa potente ed efficace strumento di un’intuizione visiva guizzante, frutto di un talento innato e guidata da una spiccata sensibilità empatica. Per Giulia l’avventura della fotografia d’autore equivale ad un avvincente e intrigante viaggio in un mondo ancora inesplorato, che si rinnova continuamente ed è in costante divenire. L’avventura della fotografia è ovunque, ogni giorno si prospettano nuove opportunità e nuove occasioni appetibili, che Giulia sa abilmente cogliere e fare sue con grande slancio trainante e grande intraprendenza. Volitiva e determinata Giulia ha le idee molto chiare e riesce a procedere con una programmazione sistematica ottenendo soluzioni sempre impattanti e convincenti e spaziando con esperienza autorevole nella ricerca meticolosa e certosina. Ad ogni immagine riprodotta corrisponde un’alchemica parabola di emozioni-sensazioni-percezioni, che vengono unite insieme e producono delle sinergiche rispondenze corrispondenze, delle accattivanti assonanze concettuali. La notte, quando finalmente ci abbandoniamo e ci lasciamo cullare dal sonno ristoratore e rigenerante, uscendo dal fervore caotico e dal ritmo frenetico e concitato delle nostre esistenze, è lo scrigno preziosissimo dell’oblio e del sogno. Anche Giulia attraverso la sua corposa produzione artistica vuole offrire allo spettatore un sentimento onirico, una dimensione di piacevolezza gratificante e appagante, che trasmette un senso di positività rigenerante e immette dentro un’atmosfera metafisica, come se il tempo si fosse messo a procedere con un passo diverso, avvolto da un’evanescenza che rende tutto sinuosamente fluttuante. Le sorgenti luminose vengono calibrate in modo sempre bilanciato, affinché l’occhio possa cogliere l’essenza intrinseca e rivelare sguardi, espressioni, posture. Le immagini si caricano di un quid, di qualcosa che la fotografia, intesa come specchio e riflesso di un istante di vita e di realtà, custodisce e conserva racchiuso dentro di sé: il senso della durata e del respiro dell’anima. Ecco, perché Giulia ci esorta a guardare con cura le sue fotografie, concedendoci anche un salutare e benefico momento di compenetrante abbandono senza remore e senza riserve. La componente metafisica è un importante e funzionale supporto che rende ancora più convincente lo stile comunicativo di Giulia. Con il riferimento al metafisico ci vuole suggerire e indicare una realtà parallela, una realtà che è estranea e famigliare al tempo stesso, che è misteriosa e conosciuta, che è lontana e vicina contestualmente. Le immagini prospettate sono metafisiche nel senso che abbracciano i contorni irreali e fantastici del sogno, dove il trascorrere e decorrere del tempo è talvolta più compresso ed ermetico e talvolta più dilatato e diluito. Si potrebbe anche poi evidenziare la forza di gravità che in senso metafisico agisce sulle immagini, in quanto le raffigurazioni immortalate producono un senso di sospensione, un senso di perdita della gravità. Le fotografie raccontano e descrivono una loro propria verità, una verità alternativa, ugualmente accattivante e valida, che riesce ad evocare il senso attrattivo verso qualcosa di non detto, di non rivelato, qualcosa di ancora sconosciuto, ancora da svelare, tenendo alta la curiosità del fruitore e incentivandolo ad un’osservazione prolungata e approfondita. La fotografia di Giulia trae spunto da un contesto esistente e lo trasforma, lo trasfigura lasciando affiorare tutta la passione-trasgressione che la guida nel voler tracciare un nuovo scorcio sui generis, nel voler trovare una distintiva e caratterizzante formula di fotografia con un inedito genius loci. “Trovare il modo per raccontare un luogo, per rendere altre persone partecipi di quello che viviamo, per metterle in condizione di utilizzare l’esperienza oppure per dare leggibilità ad un tratto della nostra storia collocandola in uno scenario definito o per tentare di tracciare una storia più ampia, inserendo la nostra posizione, il nostro punto di vista entro un mosaico in cui quello che raccontiamo si colloca come sineddoche (la parte di un tutto più ampio e inafferrabile in un solo colpo d’occhio) e come metafora: quello che vediamo ha alcune qualità dell’insieme a cui vogliamo riferire” (Paolo Barbaro). “Oggi nel descrivere gli ambienti il fotografo non ci propone una fotografia e particolari della stessa per rafforzarla, realizza bensì una sola immagine che contiene anche particolari giocando coi riflessi studiati e calcolati. Ci fornisce così un particolare che contiene al suo interno una parte molto più ampia del soggetto, cioè l’ambiente che lo circonda, rafforzando quindi un’identità inserita in un contesto spaziale globale e non arrivando a questo racconto in tempi successivi sovrapponendo e scegliendo due o più foto come in un sandwich” (Nino Migliori). Queste illuminanti riflessioni valutative servono per meglio comprendere l’approccio alla fotografia di Giulia. C’è una studiata e mirata continuità nei modi di scegliere e selezionare le tematiche e di “disegnare” l’immagine attraverso la fotografia, che accomuna in modo omogeneo il suo stile valutativo di pensiero sulla gestione dell’orchestrazione scenica. Giulia utilizza dunque una propria compiuta ed esaustiva formula di scrittura fotografica, per evidenziare una propria realtà rivisitata, traslata e rielaborata componendo le immagini figurali con una scena surrealmente sospesa, fuori da ogni cliché standardizzato già raccontato e già descritto, da ogni immediato trascorrere del tempo. Giulia dimostra così che non si fotografa la realtà intesa in senso lato e in senso stretto e omologata in modo standard, ma bensì si carpisce e si cattura l’immagine della memoria rimasta impressa da quella realtà trasfigurata compiendo un’originale metamorfosi. Dunque, il vero non esiste oppure resta come un modello sospeso che ci condiziona nel modus agendi, nell’azione-reazione, nell’analisi dello spazio e del tempo dove operiamo. Così Giulia propone una sorta di mutamento-invenzione con delle variabili e degli accorgimenti molto coinvolgenti, propone l’estrapolazione dal contento rigoroso, propone una storia che esce dai modelli predefiniti e preconfigurati a monte e suggerisce di riconsiderare e rivalutare il quotidiano, recuperandolo con occhi diversi, occhi carichi delle memorie, frutto anche di una riscoperta nel quotidiano di una differente maniera di intendere e concepire l’esistenza e il modus vivendi. Questa è la funzione chiave primaria dell’arte fotografica per Giulia, che fotografa per mostrare a suo modo il rapporto di relazione e di contatto tra la presenza umana e l’ambiente-realtà, inserendo una personale e soggettiva visionarietà alternativa affrancata da banali, scontate e ripetitive prospettive ordinarie, già infrazionate e sdoganate. “Gli occhi sono aperti, ma non vedono sempre. D’altronde non si vede solamente con gli occhi. Quando io scatto una foto tutti i sensi si assomigliano. Più tardi è l’invisibile che resta” (Éduard Boubat). “Il denominatore comune di tutte le fotografie è sempre il tempo, il tempo che scivola tra le dita, tra gli occhi, il tempo delle cose, della gente, il tempo delle luci e delle emozioni, un tempo che non sarà mai più lo stesso” (Jeanloup Sieff). “La fotografia è una breve complicità tra la preveggenza e il caso” (John Stuart Mill). “Nell’invisibile sono nascosti sguardi, nasi, sorrisi, labbra, volti, linee e movimenti che aspettano solo l’occhio del fotografo per uscire fuori” (Fabrizio Caramagna). “Rivivere, raccontare, immaginare. Se dovessi descrivere la fotografia userei questi tre verbi” (Fabrizio Caramagna). “L’artista è un collezionista di immagini che raccoglie le cose con gli occhi” (Walker Evans).
Si percepisce in Giulia la volontà e l’intenzione di sottrarsi allo sguardo oppressivo e al dominio incombente esercitato dagli accademismi dottrinali e dogmatici dell’arte fotografica più ferrei e marcatamente forzanti. Questo genere di condizionamento viene rifiutato a priori da Giulia, che ha una mente creativa molto libera, indipendente e anticonformista. Giulia non si lascia intimorire né intimidire dalle concezioni teoretiche e dagli stilemi rigorosi e avverte l’esigenza e la necessità impellente e incalzante di uscire dalle regole impositive e di ricavarsi un potere di azione svincolato. Alla spazialità-realtà interpretata secondo la tradizione classica sostituisce un mix in perfetta commistione di elementi e componenti, che vengono intrecciati e messi in gioco e si distaccano dal progetto fotografico canonico. Giulia si comporta alla stessa stregua di Breton, dei surrealisti, che avevano un interesse e una propensione particolare verso il pensiero del filosofo greco Eraclito, seppur mediato dalle teorie filosofiche di Hegel e contestualmente dal poeta Char, muovendosi e orientandosi verso il pensiero degli opposti, i quali si co-appartengono in una comune presenza, dove però nessuna contraddizione è sciolta e annullata, dove non si dà né sintesi né divisione. L’insegnamento perpetrato da Eraclito suggerisce un dialogo tra contrari, dove Giulia estrapola una sua linea guida di canalizzazione. Le fotografie di Giulia non riproducono il reale in senso lato, ma diventano e anzi sono immagini-visioni, in un senso di movimento dinamico plastico che porta alla luce ed enfatizza la dimensione del simbolismo nella rivelazione-incontro che indica qualcosa di altro parimenti intenso e profondo, seppur discostandosi da quanto considerato come realtà-insindacabile. “Le cose parlano attraverso di loro” proclamava il poeta Char. Tutto ciò che Giulia introduce nelle sue composizioni va oltre le figure, oltre gli oggetti e le cose e assume un significato simbolico avvalorante, riconducendo alla dimensione di immagine aperta a tutto campo e a tutto tondo un pensiero poetico-allusivo polivalente. Il cosiddetto “fattore umano” è la cifra che sintetizza e riassume in modo qualificante la ricerca svolta da Giulia con una sensibilità propria e propriamente declinata al femminile. I rapporti interpersonali, i luoghi di scambio e di memoria, la memoria stessa dell’uomo e delle cose. Una fotografia che si pone volutamente lontano e scevra da elucubrazioni macchinose e costruzioni cervellotiche ed intellettualistiche complicate e si muove, si snoda e si dipana su un binario di accorata spontaneità, ricercata eleganza, garbata raffinatezza, virtuosa curiosità verso le molteplici sorprese che continuamente vengono riservate alla sua indagine fotografica. Ecco dunque che si profila una significativa proiezione illuminante, che scaturisce da un fondamento di profondità umana senza tempo, da un’umanità arcana e arcaica, con i suoi valori e i suoi principi cardine inossidabili, che ritornano sempre validi e attuali e vanno tenuti saldamente e solidamente conservati, rispettati e apprezzati. La ricerca di Giulia si spinge quindi anche sul terreno di una visione di elevazione dell’essere vivente, tendenzialmente universalizzante nella sua trasposizione metaforica. Le immagini proposte cercano con una proiezione antropologica di cogliere, carpire e catturare lo sguardo dei soggetti rappresentati non come espressione soltanto di se stesso, ma sempre piuttosto come espressione e manifestazione accomunante di un contesto culturale ed emozionale, per esternare e raggiungere un fine e una finalità comunicativa a 360°, che rappresenta un traguardo costante del suo operato. Giulia compie una sorta di metabolica fusione-coesione di simbiosi e di immedesimazione con il soggetto rappresentato e crea un legame progressivo anche per il fruitore attraverso cornici visive e simbiosi strutturali permeanti, fatte di piani e di sequenze coordinate e destinate ulteriormente a rafforzare il suo messaggio comunicativo allargato e dilatato ad ampio raggio. Nel coacervo multiforme della comprensione umana l’azione artistica di Giulia arriva in modo incisivo ed efficace. Il suo occhio vigile, perspicace, continua ad osservare con precisa attenzione il mutare di quanto la circonda, le trasformazioni sociali in essere, per mettere totalmente a nudo quanto sta mutando, si modifica, si sviluppa. L’arte fotografica come in un magma irrefrenabile le consente di avvolgere e di riavvolgere e anche di stravolgere, consentendo l’accesso ad una comprensione differente, convogliando verso un sapere che salvaguarda le proprie vestigia con lo spirito di una tendenza alla conservazione-innovazione e un sentimento incondizionato, secondo il quale la vita deve aprirsi al proprio supremo e solenne cammino. Per Giulia la fotografia ha il potere straordinario di raccogliere i frammenti del mondo duplicandolo. La fotografia può inglobare e introiettare tutto quanto dentro di sé e Giulia cerca il legame, che permette di instaurare e intavolare una comunicazione vera e diretta. Il lavoro artistico di Giulia è senza dubbio esaustivo, compiuto, pulito, preciso, completo e si comprende quanta preparazione e quanta determinazione ci sono a monte nel suo fare ideativo progettuale oltre che nella fase esecutiva. Le fotografie possiedono il pregevole dono di risultare particolarmente attraenti e di possedere una grande energia intrinseca interna che si sprigiona tutt’intorno. Giulia pone sempre massima attenzione alla resa della composizione di insieme e si pone al servizio di un’indagine analitica, utilizzando al meglio le sue risorse e capacità. Giulia vuole invitare e stimolare ad osservare lasciandosi sedurre e lasciandosi trasportare da quel suadente lirismo di fondo che si propaga e si sprigiona dai suoi incantevoli racconti-fotografici. “Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà convergono per captare la realtà fugace. A questo punto l’immagine diventa una grande gioia fisica ed intellettuale” (Henri Cartier-Bresson). “Quando una fotografia è ben fatta è interessante. Quando è fatta molto bene diventa irrazionale e persino magica. Non ha nulla a che vedere con la volontà o il desiderio cosciente del fotografo. Quando la fotografia accade, succede senza sforzo, come un dono che non va interrogato né analizzato” (Elliott Erwitt). “Imparare a vedere, è il tirocinio più lungo in tutte le arti” (Edmond de Goncourt). “La conseguenza più grandiosa della fotografia è che ci dà la sensazione di poter aver in testa il mondo intero, come antologia di immagini. Nelle fotografie l’immagine è anche un oggetto, leggero, poco costoso, facile da portarsi appresso, da accumulare, da conservare” (Susan Sontag). “Le immagini non sono figlie della realtà, ma sono figlie dell’uomo. Casomai sono nipoti della realtà. E sono parenti di Dio” (Leonardo da Vinci). “Degas amava la fotografia in un periodo in cui gli artisti la disdegnavano o non volevano ammettere di farne uso” (Paul Valérie).
Il fare fotografico di Giulia è ispirato alla scorrevolezza e semplicità fruitiva per garantire un accesso interpretativo senza eccessi né difetti, che consente e permette di poter cogliere appieno gli aspetti e i tratti più salienti e significativi, senza offuscare la mente dello spettatore con paradigmi ambigui e fuorvianti e senza bloccare e frenare la capacità recettiva con schemi e blocchi teorici ostacolanti e tarpanti. Giulia desidera creare e consolidare un continuum comunicativo tra sé e il fruitore con una disponibilità aperta e flessibile al dialogo secondo l’esigenza del momento, che poi si deve rinnovare e riconfermare nel tempo generando un feedback positivo e duraturo e innescando un rapporto relazionale partecipe e compartecipe. L’efficacia pregevole della sua corposa produzione consiste nell’equilibrare, bilanciare e armonizzare il dato emotivo-emozionale, psichico-psicologico con il dato intellettivo, proprio per agevolare e facilitare questo meccanismo di avvicinamento con lo spettatore. Il lavoro magistrale di ricerca svolto da Giulia è incentrato e improntato dunque verso la costruzione graduale e il rafforzamento progressivo di una soggettività creativa condivisa e condivisibile dallo spettatore-osservatore, affinché non ci siano delle fasi disgiunte, ma bensì un dialogo omogeneo, unitario, compatto, complice. La visione nella sua dinamica accattivante formula plurisensoriale è prospetticamente impostata per infondere e per trasmettere una sensazione di approccio confidenziale, rassicurante, quasi protettivo. Infatti, Giulia vuole apparire come una figura di congiunzione aggregante, di sintonia e di sodalizio collettivo, perché l’arte costituisce un potentissimo collante che può fungere da ponte di collegamento e di trait d’union anche in questa particolare fase sociale, dove spesso purtroppo ci sono situazioni distruttive e disgreganti, che provocano rotture anziché stratificare e intrecciare. Giulia crede profondamente in questo potere supremo dell’arte e lo imprime anche nel suo tracciato creativo con grande convinzione e motivazione. La sua esigenza-emergenza comunicativa socialmente utile e socialmente finalizzata testimonia un bisogno arricchente e costruttivo di contribuire in modo concreto e tangibile a scuotere dal torpore dilagante per decretare e favorire un pronto e tempestivo risveglio reattivo, per dare uno slancio rivitalizzante e per sottolineare la grandiosa risorsa che la fotografia utilizza e riesce ad ottimizzare a vantaggio e a favore di un linguaggio dialettico alla portata di tutti e accessibile a tutti, proprio come vuole proclamare il messaggio di universalità dell’arte in tutte le sue innumerevoli, eterogenee e articolate esplicazioni. Accanto alla preparazione creativa Giulia affianca e accosta una preparazione altrettanto di valore e di spessore, che la coinvolge come donna oltre che come artista, inserita all’interno del proprio contesto esistenziale e prodiga nel rendersi artefice-fautrice e portavoce-promotrice di un messaggio a tam tam, che inficia e riguarda il senso e la portata globale e totalizzante del fare artistico nelle sue particolari sfaccettature. La vocazione artistica di Giulia nella sua viscerale profusione espressiva contiene anche lo stimolo di un fervore divulgativo, non inteso come discorso di tipo didattico ovviamente, ma piuttosto come esempio a modello che possa servire per spronare anche le future generazioni di artisti, che vorranno immettersi nella ricerca e ripercorrere il tracciato seguito da chi come lei ha fatto dell’amore puro e assoluto dell’arte un caposaldo imprescindibile e inalienabile, un fulcro catartico nevralgico, un motore trainante irrinunciabile per dare un senso al proprio sentire, al proprio pensare, al proprio sentimento, al proprio stile di vita, all’essenza stessa sostanziale del proprio essere e del proprio esistere. Nell’arte fotografica di Giulia si può carpire appieno questo nobile e ammirevole coacervo di intenti e di intenzioni, a prescindere da qualunque altro orientamento. È giusto allora apprezzare ed elogiare come plus valore anche questo tratto fondante e basilare del suo operato, ricordando che nella sua intraprendente e impavida forza risiede l’afflato intimo del moto dell’anima e il vibrante pulsare di un cuore, che sorreggono ogni suo gesto e ogni suo atto e lo rendono davvero degno di essere a tutti gli effetti elevato e innalzato spiritualmente. “La mia attrezzatura è quell’insieme di oggetti che si trovano tra l’occhio e il cuore” (Wolf). “C’è una grande differenza tra scattare una foto e fare una fotografia” (Robert Heinecken). “Fotografare è illuminare il buio che abbiamo dentro” (Donato Di Poce). “Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare” (Daniel Pennac). “Non potete fare affidamento sui vostri occhi, se la vostra immaginazione è fuori fuoco” (Mark Twain). “Credo davvero che ci siano cose che nessuno riesce a vedere prima che vengano fotografate” (Diane Arbus).